HO DECISO DI PRENDERE POSIZIONE SUL REFERENDUM COSTITUZIONALE

A due giorni dal voto, ho deciso di prendere posizione sul referendum costituzionale.

Ho cercato di mantenere finora un profilo basso. In fondo il voto è segreto.
Ma oggi ho deciso di rendere pubblica la mia posizione nei confronti del referendum costituzionale.

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Ho valutato i quesiti della scheda elettorale ed ora esprimo il mio parere:
1. superamento del bicameralismo paritario: ho letto l’art. 70 dell’attuale costituzione (due righe) e quello della nuova (due pagine), vedo un parziale superamento del bicameralismo ma non vedo nessuna semplificazione.
2. riduzione del numero dei parlamentari: vedo una riduzione dei senatori (da 300 a 100), ma non vedo alcuna riduzione dei deputati che sono e rimangono più di 600.
3. contenimento dei costi delle istituzioni: la Corte dei Conti ha quantificato in 50 Mln di Euro il risparmio annuale che ne deriva, peccato che solo il referendum ne costerà 300! Se veramente volevano ridurre i costi della politica, perchè non hanno votato la proposta
di tagliarsi lo stipendio?
4. la soppressione del CNEL: sono d’accordo. Credo che tutti lo siano. Non si poteva tenere questa proposta separata così che in pochi giorni potevano votarla con maggioranza qualificata e non avrebbero nemmeno avuto bisogno del referendum per ratificarla?
Forse serviva tenerla assieme alle altre per “indorare la pillola” e far digerire il resto della riforma?
5. Revisione del titolo V: togliere le competenze delle comunità locali sull’energia e ambiente?
La definizione di ambiente sul dizionario è: “L’insieme delle condizioni fisico-chimiche e biologiche che permettono e favoriscono la VITA DELLE COMUNITÀ di esseri viventi”.
Quindi, se secondo Renzi e la Boschi, l’ambiente non riguarda le comunità locali, cosa dovrebbe riguardarle?

Avete ovviamente capito cosa voterò domenica, ma lasciatemi aggiungere ancora un paio di considerazioni.
Vi pare logico modificare la legge fondante di un Paese, la Costituzione, a colpi di una maggioranza eletta con una legge dichiarata incostituzionale?
Vi pare sensato che, nelle condizioni attuali, il Senato si componga di sindaci e governatori per il 60% del PD?
E se per caso alle prossime elezioni il PD perdesse, avrebbe ancora il 60% dei senatori,
che contrasterebbero il più possibile qualsiasi legge proposta dalla Camera sulla quale possono esprimere il loro giudizio.
Alla faccia della semplificazione e della velocità!
E ancora, siamo sicuri che il problema in Italia sia il tempo impiegato per fare le leggi? La Fornero e Monti ci hanno impiegato tre settimane per rovinare centinaia di migliaia di pensionati (i cosiddetti ‘esodati’) che ancora oggi, dopo sei anni, devono supplicare per ottenere l’ennesima deroga a quella legge disgraziata.
La velocità delle leggi non significa la bontà delle stesse.
Il problema in Italia è che SI PRODUCONO TROPPE LEGGI, non che la loro approvazione sia lenta!
Il numero di leggi in un paese è inversamente proporzionale al suo livello etico.
Dobbiamo quindi sorprenderci se in Italia ci vogliono 60.000 leggi per governare quando in paesi come la Germania o la Francia ne bastano 4 / 5.000?
Perciò non è di altre leggi veloci e raffazzonate di cui abbiamo bisogno, e tantomeno che venga ridotta la sovranità del popolo.
Ogni Paese ha la classe politica che si merita (salvo leggi elettorali incostituzionali!).
Perciò, vogliamo mandare il messaggio che ci meritiamo qualcosa di meglio?
Mandiamoli a casa e torniamo a votare!
Io voterò NO! E mi auguro che siano in tanti a fare lo stesso.

OTTOBRE NERO

THE BLACK OCTOBER

pubblicato in data 25 set 2014

haircut

L’escalation di contestazione sul piano mediatico che sta colpendo l’attuale governo fa percepire come la possibiità di una nuova chiamata alle urne verso Marzo 2015 sia verosimilmente plausibile. Le recenti valutazioni che ha evidenziato il Financial Times ad inizio settimana riguardo la sostenibilità finanziaria del debito pubblico italiano, ormai completamente fuori controllo, devono far preoccupare oggettivamente i loan country buyers, leggasi gli acquirenti e detentori di titoli di stato italiani. Non aspettate il salvatore della patria, lasciate perdere lo show dei proclami che sta andando in scena da oltre sei mesi, iniziate a liberarvi dei suddetti titoli italiani quanto prima. Questa volta la sirena vi avvisa con largo anticipo. Anche Corrado Passera, che dovrebbe essere il futuro nuovo primo ministro italiano, ha espresso l’ennesimo giudizio all’unisono su chi sta guidando il Paese dalla scorsa primavera. Matteo Renzi è un bluff,quando il Paese se ne accorgerà sprofonderà nell’oblio, è privo di visione, naviga a vista e soprattutto è circondato da persone dalla modesta, se non insignificante competenza. Così l’ex ministro del Governo Monti si è recentemente espresso ai microfoni di Radio 24.

Stando ai rumors di mercato, a far cadere Renzi potrebbe essere il suo ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, che non ha alcun desiderio di veder rovinata una carriera professionale trentennale per sei o nove mesi di appartenenza all’ennessimo governo detronizzato. Sostanzialmente Padoan vorrebbe evitare di finire come Mario Monti, il cui prestigio professionale è stato ampiamente compromesso dalla sua stessa esperienza di governo. Fallimentare su molti fronti. Renzi ormai può essere considerato un PR che vive in un mondo tutto suo: chi crede infatti che il Paese possa riprendersi grazie alla riforma del Senato, alla finta abolizione delle provincie o la recente proposta di abolizione dell’articolo 18 farà la stessa fine di quei poveri babbei che hanno comperato bitcoin durante la scorsa estate a 650$ ed ora se lo ritrovano a 400$ con una svalutazione del 40%. Una sorte simile potrebbe capitare anche ai detentori di debito italiano. Su questo punto facciamo una riflessione. Quando Mario Monti subentro a Berlusconi nel 2011 e lo spread era oltre 500 sui titoli di stato, il Paese paradossalmente stava molto meglio di oggi in cui lo spread è costantemente sotto la soglia di 150 punti.

Il tutto sembra irragionevole in quanto i parametri macro-economici che rappresentano il Paese sono decisamente più compromessi rispetto a tre anni fa: pensiamo solo alla disoccupazione, al rapporto debito/pil o al livello di tassazione complessivo. Dalla ICI alla Tasi, passando per l’IMU, il drenaggio fiscale sugli immobili è praticamente triplicato, senza dimenticare la tassazione sui risparmi e i vari balzelli sulle accise. Gli italiani in termini di ricchezza finanziaria stavano sicuramente meglio in epoca pre-montiana quando lo spread era oltre 500. I moniti che arrivano dagli organismi sovranazionali, dalle agenzie di rating e dagli investitori istituzionali riguardo alle famose riforme tanto sbandierate ma non implementate alimentano un rischio scenario che da incerto è diventato oggettivamente pericoloso. Gli hair cut sul debito italiano sono sempre più verosimili, ma mentre nei Paesi in cui sono stati intrapresi, a subirne le conseguenze sono stati proprio gli investitori esteri privati, nel caso italiano questo scenario diventa grottesco in quanto produrrebbe un ulteriore depauperamento di ricchezza per la nazione. Ricordiamo infatti che proprio gli stessi italiani detengono ormai oltre la soglia del 75% il proprio debito.

Fanno parte degli italiani che detengono il debito pubblico italiano anche banche e compagnie di assicurazione italiane che sui titoli di stato hanno costruito la loro solidità e la loro redditività. Sui titoli di stato italiani si fondano prodotti strutturati come le index linked, coperture di previdenza integrativa e montagne di fondi pensioni. Attenzione anche ad essere troppo esposti con depositi in istituti bancari italiani che a loro volto hanno una rilevante esposizione in titoli di stato italiani. Il momento di mercato presuppone una gestione del rischio più oculata di quello che si pensi, ipotizzando ormai anche scenari drammatici sul versante finanziario. Non vi sono più scuse per far finta di non vedere o di non sapere, i titoli del debito pubblico, a mio parere, vanno smobilizzati, capitalizzando magari i gain ottenuti proprio grazie ad acquisti effettuati durante il periodo turbolento del 2012. Il tutto può essere infatti configurato all’interno di un riassetto di portafoglio e di patrimonio a fronte del rischio Paese e del paradigma rischio/opportunità. Da questo punto di vista infatti il debito italiano potrà solo essere gestito in ottica quantitativa (quindi ipotesi di hair cut) in assenza di manifestazioni propulsive della crescita economica (ipotesi qualitativa) che mancano all’appello nonostante tre diversi tentativi di governo non convenzionale.

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Fonte: http://www.eugeniobenetazzo.com/debito-pubblico-hair-cut/