Bambini allontanati dai genitori per “eccesso di cure”

Lettera aperta all’assessore sul caso dei bambini allontanati per eccesso di cure
Egregio
Assessore alla salute, integrazione socio-sanitaria, politiche sociali e famiglia
Dott.ssa Maria Sandra Telesca
fax 0432 555646, 040 3775632
e-mail renzo.deangeli@regione.fvg.it

Oggetto: Lettera aperta all’assessore sul caso dei bambini allontanati per eccesso di cure

Gentile dott.ssa Telesca,
Nei giorni scorsi più di cento persone iscritte al gruppo di Facebook Rari e Rapiti https://www.facebook.com/groups/1594804557477959/, che conta ormai più di 6.000 iscritti, le hanno scritto una lettera per invitarla ad intervenire sulla vicenda della coppia di Gorizia. Il CCDU condivide pienamente il contenuto di quella lettera, e le scriviamo per chiederle se intenda fare qualcosa per tranquillizzare queste famiglie preoccupate?
Secondo quanto riportato da alcuni autorevoli organi di stampa regionali e nazionali, su richiesta della Procura AssessoreSalute_Telescadi Gorizia, e su segnalazione iniziale di un neuropsichiatra dall’AAS2 Isontina che sosteneva che erano i genitori a soffrire di un dubbio e controverso disturbo mentale, il Tribunale dei minori di Trieste ha allontanato due bambini disabili dall’amore e dalle cure della loro famiglia perché i genitori erano ritenuti “colpevoli” di somministrare cure eccessive a questi bambini. Cure, a quanto risulta, sempre prescritte dagli specialisti, anche del Friuli Venezia Giulia.
Sempre secondo quanto riferito dai media regionali e nazionali, la malattia e le relative cure dei bambini sono state certificate, oltre che dal Besta di Milano, anche dal Centro regionale per le malattie rare del professor Bruno Bembi di Udine. Inoltre la disabilità dei minori è stata più volte accertata, nella Regione Friuli Venezia Giulia, dalla Commissione Medica ASL e INPS per l’accertamento dell’invalidità.
Il Tribunale dei minori di Trieste chiede ora ad un perito di valutare diagnosi, cure e prescrizioni farmacologiche del Centro Regionale per le Malattie Rare del professor Bruno Bembi di Udine, dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano e di varie altre strutture regionali che hanno curato i bambini in questione. Questo mina direttamente la credibilità e affidabilità di prestigiose strutture sanitarie regionali e nazionali: numerose famiglie iscritte al gruppo Facebook “Rari e Rapiti” oggi non si fiderebbero del SSN friulano, temendo che una perizia psichiatrica strampalata possa risultare nella perdita dei loro figli.
Ci appelliamo a lei, chiedendole d’intervenire per assicurarsi che venga fatta rapidamente chiarezza sulla validità delle strutture sanitarie della Regione Friuli Venezia Giulia e per ricomporre al più presto il nucleo familiare come ha affermato pubblicamente il direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Azienda sanitaria Isontina Friulana-Isontino, dottor Franco Perazza.
In attesa di una sua cortese risposta porgiamo distinti saluti,

Silvio De Fanti
Vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus

https://www.ccdu.org/comunicati/lettera-aperta-assessore-caso-eccesso-cure

Bambino scappa dalla comunità: manifesteremo

Altro successo della psichiatria…

Bambino scappa dalla comunità: manifesteremo
L’incredibile storia di un bambino della Val Trompia che ha registrato gli abusi commessi su di lui dalla psicologa. Dopo ben tre fughe scappa a casa della mamma e non vuole più tornare in comunità.

Brescia. Il bambino di Lumezzane, già noto alla cronaca per l’incredibile allontanamento deciso dal giudice onorario e in sostanza ricopiato nel decreto dal collegio giudicante (vedi articolo Bambino allontanato coattivamente su decisione del giudice onorario?) è scappato per la quarta volta dalla comunità. Dopo ore di paura, è arrivato dalla mamma e ha subito detto di voler restare a casa con lei.
Voglio-stare-con-mia-mamma
La vicenda si inserisce nell’ambito delle ormai annose e intollerabili ingiustizie commesse sui minori a causa di valutazioni soggettive di natura psichiatrica e psicologica. Infatti, tramite valutazioni – per loro stessa natura soggettive e opinabili – alcuni psichiatri e psicologi, indottrinati sul modello biologico della mente, e incapaci di usare buon senso e umanità, possono indurre il Tribunale dei minori a prendere provvedimenti drastici e drammatici, allontanando i figli alla famiglia, collocandoli in comunità tutelari per minori, mettendoli poi sotto indagine, analisi e quant’altro. Nonostante le reiterate denunce del nostro comitato e di molti altri, queste vicende continuano purtroppo ad accadere.

E in questo caso la storia appare molto grave con un esposto presentato dalla famiglia del bambino all’Ordine degli Psicologi di Milano. Le disavventure di Massimo (nome di fantasia) iniziano con una separazione conflittuale in cui il bambino viene affidato alla zia paterna. Ma da subito Massimo manifesta la sua contrarietà a tale collocamento, tanto che nel 2015 fugge per tornare dalla mamma. A questo punto il Tribunale, in contrasto con la volontà del ragazzo, e a nostro avviso anche con le Convenzioni Internazionali sui diritti dei minori, dispone che venga collocato “temporaneamente” in una comunità per minori. Nel frattempo il bambino continua a insistere per tornare a casa dalla mamma. È a questo punto che la psicologa, che come ammesso da lei stessa non aveva neppure letto le carte, decide di “dire la verità” al bambino su alcuni avvenimenti successi in famiglia più di 15 anni fa (quando Massimo non era ancora nato) nel corso del tumultuoso e disastroso incontro con il bambino e gli altri figli della donna oggetto dell’esposto all’Ordine di cui sopra.

Secondo quanto sostenuto dalla mamma e corroborato da una registrazione fatta da uno dei suoi figli e consegnata all’Ordine, la psicologa avrebbe denigrato i genitori dicendo che non hanno imposto regole ai figli e che “non hanno mai insegnato loro niente”. Inoltre avrebbe sollecitato la rivelazione di fatti gravissimi accaduti in passato senza tutelare la salute psicofisica del minore. E quando la mamma le ha chiesto spiegazioni di questo suo comportamento avrebbe ammesso di non aver neppure letto le carte. Oltre a ciò, avrebbe anche detto al ragazzo che doveva scegliere tra i due genitori e salvarne almeno uno, cioè il papà: il “meno peggio”.

Dopo tale incontro, i disagi psicologici sul bambino sarebbero aumentati. Infatti quest’anno il bambino rischia di essere bocciato ed è scappato ben altre tre volte dalla comunità. Nonostante tutto ciò, sembra che la psicologa rimanga al suo posto.

Prima dell’odierna fuga, la mamma si è rivolta più volte all’assistente sociale per chiedere l’allontanamento della psicologa e un percorso volto a tutelare la salute psicofisica del figlio e a riparare ai danni commessi dalla psicologa stessa, ma l’assistente sociale si è rifiutata di rimuoverla affermando di avere “fiducia nella sua professionalità”. La mamma è andata anche dal Sindaco accompagnata dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus, ma dopo tante promesse non è successo nulla.

Alcuni giorni fa, l’ennesima figuraccia di questa psicologa. Nell’ultimo incontro la mamma, in merito al periodo di tre mesi del 2015 in cui il bambino era rimasto a casa con lei, ha chiesto: “Perché non ha fatto presente al tribunale che mio figlio si trovava bene a casa mia… quando siete venute a trovarlo”. Ed è rimasta basita dall’incredibile risposta della psicologa che ha affermato di non averlo comunicato perché “non ce l’ha chiesto nessuno”.

“Non sono una mamma perfetta.” ha dichiarato la donna. “Ho paura per mio figlio che ha messo in pericolo la sua vita per tornare dalla sua famiglia. Ora è scappato di nuovo ma nessuno lo ascolta veramente. E neanche io mi sento compresa: i Servizi Sociali mi hanno fissato un appuntamento per il 22 aprile, tra quasi 3 settimane. Ma io ho bisogno di aiuto subito! Non mi risulta neanche che questa psicologa sia stata rimossa. Vi prego di aiutarmi a tutelare mio figlio!”

“Perché un ragazzo deve arrivare a gesti tanto estremi, e pericolosi, per riuscire a farsi ascoltare? Questa è l’ennesima dimostrazione della superficialità e inadeguatezza dell’attuale sistema della giustizia minorile,” secondo Francesco Miraglia legale della mamma. “Il bambino ha dichiarato a gran voce la volontà di stare con la mamma, come ha ribadito chiaramente anche al giudice onorario durante l’ultima udienza. Una domanda nasce spontanea: perché tutti insieme non aiutiamo questo bambino a vivere nella propria famiglia? Penso che non manchino assistenti sociali, pedagogisti, educatori ecc. che possano seguire questo bambino nella propria famiglia.”

Di fronte alla cecità delle istituzioni nei confronti di questo bambino e alla recente fuga del bambino, il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus ha deciso di indire una manifestazione davanti al Comune di Lumezzane per chiedere al Sindaco di intervenire concretamente a tutela del suo cittadino. La manifestazione si terrà il 7 maggio 2016 alle ore 11.00 davanti al municipio di Lumezzane in Via Monsuello 154.

Invitiamo tutta la cittadinanza. Chiediamo anche ai cittadini e alle famiglie della zona di denunciare qualsiasi situazione simile e/o abuso o maltrattamento psicologico da parte di psicologi e psichiatri ai danni della loro famiglia e/o dei loro figli. Sospettiamo che non sia l’unico caso.

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus
Sonia Manenti – CCDU gruppo di Brescia
brescia@ccdu.org – Cellulare: 348.5642869

Trento. Convegno: avvicinare i professionisti alla gente reale

Trento. Convegno: avvicinare i professionisti alla gente reale
Invito al convegno
Psichiatria, Scuola e Servizi sociali – Criticità, buone pratiche e alternative

Il convegno si terrà presso la Fondazione Cassa di Risparmio in via Calepina 1 (dietro al Duomo) in data 22 settembre alle ore 20.00 a coronamento della mostra sulla psichiatria tenuta dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus presso il Centro Culturale Santa Chiara.


Nel corso della mostra sulla psichiatria abbiamo ricevuto dalla gente commenti entusiasti in merito alle informazioni offerte dalla mostra e in particolare asserendo che la mostra aveva loro aperto gli occhi sulla psichiatria e sulle storture e criticità, non solo passate, di questa disciplina.
Molti hanno confermato che gli abusi e gli orrori della psichiatria non sono solo un retaggio del passato, ma una realtà del presente con persone ricoverate contro la loro volontà e legate ai letti con esiti a volte mortali, con una promozione selvaggia degli psicofarmaci a soli fini di lucro a tutto discapito dei pazienti, con bambini a cui vengono addirittura somministrati dei potenti neurolettici, con migliaia di bimbi allontanati dalle famiglie in base a valutazioni psichiatriche di natura soggettiva, con persone a cui tuttora anche in Italia vengono somministrati degli elettroshock, ecc. ecc.

Ecco infatti alcuni dei tanti commenti lasciati al termine della visita. Ingegnere : “ Purtroppo posso confermare che è tutto vero, per aver “schivato” l’assunzione di psicofarmaci, in occasione dello stadio terminale della malattia di mio padre. Ero angosciata, spaventata e triste per la sua imminente morte. Cosa c’è di strano? Disoccupata : “ Purtroppo è una realtà sempre più critica e diffusa. La diffusione di disinformazione e il completo controllo della mente delle persone è una problematica sociale grave che però viene ignorata e insabbiata da tutte le istituzioni.” Danzatrice : “ Quel che non si può dire si DEVE dire. Occorrono tutte le “voci” per smascherare trappole criminali. L’arte è anche questo: un grido di denuncia! Grazie di cuore a chi combatte con noi.

Ma la situazione e il futuro non sono neri, anzi. La gente e molti professionisti seri si stanno rendendo conto della necessità di una riforma. Ad esempio, in Trentino gli allontanamenti dei bambini dalle famiglie sono calati drasticamente.

Prima , era una pratica molto più diffusa che tramite valutazioni per loro stessa natura soggettive e opinabili, certi psichiatri, psicologi e assistenti sociali, con formazione inadeguata o scarsa competenza, potessero indurre il Tribunale ad allontanare i figli alla famiglia.

Oggi , anche se c’è ancora molto da fare, c’è maggiore attenzione agli affetti e all’ascolto dei minori e si possono risolvere situazioni famigliari molto complesse senza il trauma dell’ allontanamento.
Inoltre, per quanto riguarda gli psicofarmaci ai bambini, a Trento abbiamo una legge provinciale innovativa del 2008 che protegge i nostri bambini dagli screening psicopatologici nelle scuole e dagli abusi di psicofarmaci e i consumi di psicofarmaci per bambini sono in calo. Ma dobbiamo mantenere alta la guardia perché dopo la legge 170 sulla dislessia, le prescrizioni di psicofarmaci ai bimbi delle elementari sono triplicate.

A nostro avviso è necessario che gli esperti e i professionisti, non solo i politici, si avvicinino alla gente e ai loro problemi e condizioni reali. Un vero professionista deve saper capire le persone e non vivere in un mondo artificiale e trattare le persone con arroganza e distacco come purtroppo fanno certi psichiatri che preferiscono etichettare e diagnosticare, ricorrendo poi a soluzioni stereotipate come la pillola, il ricovero forzato o l’allontanamento dalla famiglia. In questo convegno parleranno delle persone che a nostro avviso si sanno avvicinare alle persone reali e alle loro vere necessità.

Il convegno sarà moderato da Roberto Conci, editore de La Voce del Trentino e vedrà i seguenti relatori:

  • Prof.ssa Vincenza Palmieri. Fondatrice del programma “Vivere senza psicofarmaci”, Psicologa, Pedagogista, Docente universitario;
  • Avv. Francesco Miraglia. Cassazionista, esperto in diritto minorile;
  • Avv. Francesco Morcavallo. Già Giudice del Tribunale per i Minorenni di Bologna;
  • Dott. Davide Vanni. Psicologo, specializzato in Psicologia Forense, Consulente Tecnico del Tribunale di Bolzano;
  • Silvio De Fanti. Vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus.

Segnaliamo con orgoglio che recentemente l’associazione culturale no profit admArte di Roma ha deciso di conferire il prestigioso riconoscimento LIFE WITNESS a due dei relatori del convegno: l’avvocato modenese Francesco Miraglia e la Prof.ssa Vincenza Palmieri. La premiazione avverrà in occasione della IIa edizione dell’iniziativa “LIFE GATES – celebrare la Vita quale valore assoluto”, che si svolgerà nella città eterna il prossimo 19 settembre a partire dalle ore 17, presso il Complesso Monumentale San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni, in piazza San Salvatore in Lauro n. 15.

Ci auguriamo che questo convegno possa essere utile a insegnanti, assistenti sociali, psicologi, psichiatri, avvocati e operatori nel campo didattico e della tutela minorile, ma anche a tutti i cittadini, in particolare i genitori. I relatori porteranno la loro esperienza locale e nazionale per produrre un momento di confronto e riflessione sulle criticità in ambito scolastico per quanto concerne i Disturbi Specifici dell’ Apprendimento e l’uso e abuso di psicofarmaci sui bambini, e in ambito giuridico in relazione agli “allontanamenti facili”, ma offriranno anche delle buone pratiche e alternative innovative per permettere ai soggetti interessati di migliorare il servizio offerto ai bambini e alle famiglie nel pieno rispetto dei diritti umani.

CCDU Onlus
Per informazioni 338 7185032

Caso Stella: basta psicobaggianate!

Stella: esposto all’Ordine sull’assistente sociale

imageAveva registrato di nascosto le intimidazioni dell’assistente sociale che a tutt’oggi non ha ancora trasferito la pratica impedendo di fatto le visite con la bambina.

Trento. Si sta complicando l’assurda vicenda di Stella, una bambina trentina di tredici anni che, di nascosto, aveva registrato il comportamento riprovevole dell’assistente sociale. Dopo più di un mese, la richiesta ufficiale dell’avvocato della coppia Francesco Miraglia di trasferire la pratica a Trento, dove ora risiedono i genitori, non è ancora stata accolta. Questo impedisce ai genitori di essere adeguatamente assistiti nel recupero della genitorialità al fine di accogliere la supplica incessante della bambina di tornare a casa. Ma, cosa ancor più grave, ostacola di fatto le visite della bambina, dato che l’assistente sociale, nonostante tutto quello che è successo, pretende che la famiglia faccia la richiesta a lei di poter vedere la figlia, prima di organizzare l’incontro.
Di conseguenza la famiglia è stata costretta a presentare un esposto all’Ordine degli Assistenti Sociali, con tanto di registrazione, nei confronti dell’assistente sociale. «Siamo amareggiati dell’accanimento di questa assistente contro la nostra famiglia. Noi volevamo solamente che la supplica di nostra figlia, che chiede disperatamente aiuto per tornare in famiglia, venisse ascoltata!!!» Ha dichiarato la mamma di Stella.
Secondo il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani: «Dallo studio delle carte e dall’ascolto della registrazione appare evidente che la formazione dell’assistente sociale in questione è impregnata dei principi e concetti di una certa psichiatria istituzionale e coercitiva, e la pervicacia con cui sembra avvinghiarsi a questa vicenda è tipica di questo tipo di psichiatria che vede le persone più come “pazzi” o come “famiglie disagiate” da controllare e assoggettare, piuttosto che come esseri umani da ascoltare, comprendere e aiutare.
A parere di questo assistente sociale il fatto di “essere troppo preoccupati dei problemi personali per pensare alla figlia” è una motivazione per l’allontanamento di un bambino? Oppure il fatto che un bambino “stia in braccio un po’ a tutti” è un indicatore di abuso? Invece di fossilizzarci su queste stupidaggini, dovremmo chiederci: perché la bambina supplica di poter tornare in famiglia?
Ci auguriamo che il Tribunale decida di tornare al buon senso e alla ragione. Ci auguriamo anche che le perizie e valutazioni psichiatriche e psicologiche siano rimosse dalle aule di giustizia: troppi bambini stanno soffrendo per colpa di queste psico-baggianate, è ora di capire che il re è nudo.
Chiediamo altresì all’Ordine di verificare se, oltre al caso in questione, questa assistente sociale si comporti così anche con altre famiglie!»
Ma c’è una speranza. L’assessore alle Politiche Sociali di Trento ha accolto la richiesta dei genitori di iniziare un percorso di rafforzamento della genitorialità che è già sul tavolo del polo sociale di riferimento. Della vicenda si sta occupando anche il Garante dei minori, ed è stata richiamata in due separate interrogazioni dell’onorevole Giacomo Bezzi di Forza Italia e del Consigliere Filippo Degasperi del Movimento 5 Stelle.

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus

Sottrarre i figli per povertà dei genitori e pagare una struttura invece che pagare i genitori e lasciare loro i figli

Vedono la figlia una volta al mese per povertà
Intervento dell’avvocato Francesco Miraglia su una famiglia povera di Trento

Gran parte dei miei clienti, si sono imbattuti altresì nel mondo della psichiatria, dei servizi sociali e delle cooperative di questo o quel colore. Sono stati costretti a constatare che gli ordini professionali dei medici, degli avvocati e dei magistrati e degli assistenti sociali sono di fatto organizzazioni sindacali a difesa dei privilegi e di vantaggi degli stessi professionisti, ben lontani da quelle persone a cui dovrebbero assicurare dignità, rispetto e giustizia.

Nell’affrontare, molte di queste situazioni, ho la sensazione di sentire sentenze già scritte, teorie accusatorie pre-confezionate di allontanamento dei minori senza un minimo di istruttoria e senza un minimo di senso logico.
Molte volte di fronte a queste situazioni, vorrei cancellare, vorrei far sparire, vorrei rubare dalle aule dei Tribunali quella ipocrita scritta la Legge è uguale per tutti.
In data 13 marzo u.s., mi rivolgevo, quale avvocato di due genitori di Trento, all’assistente sociale referente del caso, per chiedere spiegazioni sul fatto che i miei assistiti incontrassero solo una volta al mese la figlia allontanata dagli stessi genitori da più di 5 anni.
Senza tralasciare che la struttura ove attualmente è collocata la minore si trovi a più di 400 km di distanza (andata – ritorno).
Di tutta risposta l’assistente sociale rispondeva testualmente: “Lo scrivente servizio ha ricevuto in questi giorni la Sua richiesta per conto dei sig.ri, in merito alle visite della figlia. Le comunico che i tempi – una volta ogni due/tre mesi – sono dettati dall’impossibilità economica dei genitori della minore”.
Successivamente mi rivolgevo al Presidente della Comunità di Val di Non e all’Assessore delle Politiche Sociali per chiedere un appuntamento urgente sull’intera vicenda e soprattutto per l’incredibile risposta dell’assistente sociale, ma a distanza di quasi 15 giorni ancora nulla è stato riscontrato.
A questo punto, in nome e per conto dei miei assistiti sento il bisogno di rivolgermi all’opinione pubblica per sottolineare che tutti i cittadini ricchi o poveri che siano hanno il sacrosanto diritto di essere ascoltati, ricevuti e aiutati dalle istituzioni.
Sarebbe davvero grave che le stesse Istituzioni che dovrebbero essere al servizio dei cittadini facessero orecchie da mercante o peggio ancora si rendessero disponibili in base al ceto sociale.
Ancora più inverosimile è la risposta dell’assistente sociale secondo la quale una bambina di 13 anni non può incontrare i genitori perché sostanzialmente non hanno i soldi per andare a trovarla.
Ma allora mi chiedo a cosa servono i fondi distribuiti ai servizi sociali?
Perché questi genitori non vengono aiutati economicamente?
Ma soprattutto, perché si è deciso di collocare la bambina in una struttura a 250 km dalla sua famiglia?
Forse a Trento e in tutto il Trentino non ci sono comunità?
È necessario che chi di dovere risponda quanto prima a queste domande per il bene di una bambina di 13 anni che da 5 anni è stata allontanata dalla sua famiglia principalmente per la condizione economica precaria della stessa.
Ancora più grave è che tutto ciò accada in una provincia come Trento che si pone all’attenzione nazionale per come funzionano i suoi Servizi.
Sono certo che la mancata attenzione della richiesta dei miei assistiti è stata solo una dimenticanza del Presidente della Comunità della Val di Non, dell’Assessore dalle Politiche sociali e dell’Assistente Sociale perché altrimenti non possiamo che ricordarci di quanto sosteneva Manzoni nei suoi promessi Sposi: “Mal cosa nascer poveri, caro Renzo”.

Avv.   Francesco Miraglia

allontanamenti dalle famiglie: come difendere I propri figli

Allontanamenti dalle famiglie e affido dei bambini: come difendere i propri figli

Risultati immagini per abuso minori

Vademecum: Come difendere i propri bambini dagli allontanamenti dovuti a errori o valutazioni errate di certi psicologi, psichiatri e assistenti sociali della giustizia minorile

Nota: dalla colonna di destra è possibile scaricare buona parte dei documenti citati a partire dalla legge del 28 marzo 2001, n. 149 “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori».

Per quanto riguarda i codici deontologici, questi a volte vengono aggiornati e quindi con il passare del tempo potrebbero esserci nuove versioni rispetto a quelle pubblicate nel sito.

Il fenomeno degli allontanamenti facili o superficiali

Il fenomeno di cui parliamo è conosciuto come “falsi abusi e allontanamento coatto dei bambini dalla famiglia e loro collocamento in comunità alloggio, affido o adozione”.

Le statistiche rivelano che circa il 20% degli allontanamenti coatte, e il successivo affidamento a strutture di accoglienza o famiglie affidatarie, sono motivati da assenza dei genitori (provvedimenti carcerari, morte di entrambi i genitori), maltrattamenti o abusi. Il rimanente 80% circa avviene con la motivazione di “inidoneità genitoriale“ (spesso riconducibile a sottostanti motivazioni di natura economica o abitativa). Questa motivazione ha aperto le porte a innumerevoli abusi.

Tramite valutazioni – per loro stessa natura soggettive e opinabili – alcuni psichiatri, psicologi e assistenti sociali, con una formazione inadeguata o scarsa competenza in campo minorile o famigliare, possono indurre il Tribunale dei minori a prendere provvedimenti drastici e drammatici, allontanando i figli alla famiglia, collocandoli in comunità tutelari per minori, mettendoli poi sotto indagine, analisi e quant’altro. La famiglia, nella maggioranza dei casi, è totalmente impotente di fronte a questo sistema che opera con l’ausilio, se i genitori si rifiutano, della forza pubblica.

Allontanamenti errati dei minori, come difendersi

La materia è alquanto complessa ma riportiamo qui alcune informazioni (tratte dall’esperienza diretta con i casi) che i genitori dovrebbero conoscere per evitare esiti drammatici o per tentare di sanare gli eventuali errori commessi dal sistema della giustizia minorile. Le informazioni sono fornite in ordine di importanza e priorità.

1. Attivarsi subito

Questo passo è importantissimo. Meglio spendere 1.000 euro subito per un legale o per un professionista che 10.000 euro dopo per riportare a casa il minore allontanato ed affidato ad una comunità (senza pensare ai danni insanabili causati al minore dall’allontanamento coatto). In anni di esperienza abbiamo potuto osservare che i pregiudizi e le false o errate valutazioni iniziali (di natura soggettiva e psicologica) di psichiatri, psicologi e assistenti sociali, con una formazione errata e inadeguata o una scarsa competenza in ambito minorile o famigliare, tendono ad accumularsi e a divenire sempre più solide con il passare del tempo. La reazione, spesso disperata e confusa, delle famiglie di fronte alle false accuse e all’allontanamento tende a rinsaldare la convinzione dei servizi e dei professionisti della validità delle accuse iniziali. È un cane che si morde la coda.

Prima ci si attiva per ristabilire verità e giustizia, maggiori sono le possibilità di proteggere i propri figli da errori e ingiustizie.

Una mamma era venuta a un convegno dove avevamo messo in guardia le famiglie su questi pericoli, ma lei era convinta che essendo laureanda in pedagogia non le sarebbe mai potuto succedere. Purtroppo un anno dopo le hanno tolto il figlio.

Possiamo contare numerosissimi casi in cui la famiglia si è attivata subito, ed è stato possibile chiarire le cose e impedire l’allontanamento dei minori ed il conseguente affidamento ad una comunità. In un caso i servizi sociali avevano addirittura individuato la famiglia affidataria per il bambino, ma grazie all’immediato interessamento della famiglia si è scoperto che quella soluzione era sbagliata e la bambina è rimasta in famiglia. In un altro caso, una mamma ha fatto mandare una lettera dall’avvocato per chiarire le cose e nell’incontro successivo l’assistente sociale l’ha informata che non c’era più alcun rischio di allontanamento.

Purtroppo molte famiglie si sentono tranquille perché non hanno fatto nulla di male e si muovono quando ormai è troppo tardi e il danno è stato fatto. A quel punto è molto più difficile correggere l’errore.

E dopo l’allontanamento a volte si attiva un meccanismo “perverso”. Il provvedimento, la sottrazione del minore, è talmente grave che successivamente il Tribunale, seppur di fronte all’emergere di una realtà diversa o in ogni caso non così allarmante quanto la denuncia iniziale aveva fatto credere, spesso non ammette di essere stato tratto in inganno e si intestardisce a dare la parola e il potere di gestire il caso agli stessi professionisti o assistenti sociali che hanno commesso l’errore o la valutazione errata. Anche se spesso sono in buona fede, ora sarà molto più difficile cercare di chiarire la situazione.

Approfondimenti: vedere a destra: “Tribunale per i minorenni: una giustizia priva di confini”.

2. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia

L’articolo 1 della legge 149/2001 dice: ”Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia.” Facciamo notare che il diritto è del minore e non dei genitori.

Si tratta, com’è evidente, del principio ispiratore della legge: la sottrazione dovrebbe essere l’eccezione, non la regola. Tutte le persone coinvolte: psicologi, psichiatri, assistenti sociali, avvocati e giudici minorili dovrebbero fare di tutto per garantire questo fondamentale diritto del minore e rispettare il principio ispiratore della legge.

È importantissimo che ci sia l’accordo su questo principio ed più essenziale continuare a ricercare l’accordo di tutti su questo principio. Potrebbe apparire scontato in teoria, ma a volte non lo è nella pratica.

Ogni sforzo dovrebbe essere volto a mantenere i figli in famiglia o con i parenti fino al quarto grado, o a far rientrare i figli in famiglia.

Se non si percepisce questa tensione in direzione del garantire questo diritto del minore da parte di tutte le persone coinvolte, si dovrebbe cercare di ottenere l’accordo della persona (o persone) coinvolta chiarendolo direttamente con lui/lei, rivolgendosi al suo superiore, e così via. Questa intenzione dovrebbe manifestarsi in atti e azioni concrete. Insistendo su questo punto si chiede solamente l’applicazione della legge.

Approfondimenti: vedere la Legge 149/2001 nella colonna di destra.

3. Progetto SCRITTO e PARTECIPATO

Questo è un punto molto dolente. Finora non ci è mai capitato di vedere un progetto scritto e partecipato (controfirmato da tutti) per mantenere i figli in famiglia o con i parenti fino al quarto grado, o per far rientrare i figli in famiglia. Spesso si naviga a vista a tutto discapito dei minori.

Non sono necessari riferimenti: se chiedete a qualsiasi operatore o assistente sociale vi dirà che questa è la pratica standard.

Il progetto consentirebbe alla famiglia di sapere in maniera certa cosa sia necessario fare per mantenere (o riportare) il minore a casa. Eppure non viene fatto. Nessuno fa firmare questo progetto alla famiglia per accettazione. Insistete per avere questo progetto scritto e controfirmato da voi e dall’assistente sociale con delle azioni, misure e tempistiche chiare e precise per mantenere o riportare i figli in famiglia.

Approfondimenti: vedere notiziario assistenti sociali 2010 nella colonna di destra.

4. Programma di rafforzamento della genitorialità

Anche questo è un punto dolente. Purtroppo questo progetto di rafforzamento o recupero della genitorialità spesso non viene fatto neppure per i casi di cui al punto 3 in cui, con un aiuto adeguato alla famiglia, forse l’allontanamento dei figli non avrebbe dovuto neppure essere attivato. Abbiamo riscontrato moltissimi casi eclatanti in cui non è stato fatto un progetto per anni.

Il nostro comitato si occupa di errori e violazioni dei diritti e spesso, nella nostra esperienza pluriennale, abbiamo dovuto constatare la mancanza di un progetto di questo tipo, eppure dovrebbe essere la prassi. Nell’articolo 4 della legge 28 marzo 2001, n. 149 si prescrive: “Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento che deve essere rapportabile alcomplesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine.”

Indipendentemente dal tipo o motivazione dell’allontanamento, insistete per avere un progetto scritto e controfirmato da voi e dall’assistente sociale con le azioni, misure e tempistiche chiare e precise per riportare i figli in famiglia. È un vostro diritto!.

5. Siate cittadini, non sudditi

Purtroppo molti assistenti sociali, psicologi e psichiatri non si rendono conto (ma a volte ci viene il dubbio che lo sappiano benissimo) del potere smisurato che hanno sulla vita delle famiglie.

Spesso nel decreto di allontanamento viene assegnato loro il potere di decidere il regime di visite dei minori.

La sospensione o riduzione delle visite è la minaccia più ricorrente che ci è stata riferita dai genitori. È comprensibile quindi che si crei un rapporto malato di sudditanza. Una protesta o contestazione potrebbe essere vista da alcuni come “mancanza di collaborazione” o “comportamento oppositivo”.

Ma insistere educatamente per far valere i propri diritti alla fine paga.

6. Procuratevi i documenti e leggeteli

A volte la famiglia non conosce neppure il motivo per cui i figli sono stati allontanati. I servizi sociali dovrebbero avere una cartella sociale a cui potete accedere. Lo stesso vale per la cartella processuale e per le eventuali cartelle cliniche.

Non serve l’avvocato, andate direttamente negli uffici preposti e fate una richiesta scritta.

Certamente fa male leggere le accuse (a volte persino falsità e pettegolezzi) e le valutazioni psichiatriche e psicologiche (spesso soggettive e a volte dense di pregiudizi) che sono state scritte su di voi, ma come potete difendervi se non sapete di cosa siete accusati esattamente?

Studiatevi anche le leggi e regolamenti fondamentali in materia:

  • Legge 149/2001 articoli da 1 a 5, articoli 29 e 30 della Costituzione Italiana, articoli del Codice Civile dal 315 in poi, in particolare l’articolo 330.
  • Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989.
  • Codici deontologici di assistenti sociali, psicologi, medici, avvocati (forense).
  • Linee guida locali sull’affidamento minorile.
7. Attenzione ai conflitti di interesse

I conflitti di interesse nella giustizia minorile sembrano essere talmente radicati che le persone non ne sono più nemmeno consapevoli. Se qualcuno ha un conflitto di interessi non sarà abbastanza equilibrato da poter aiutare la famiglia in modo disinteressato.

Una breve ricerca su Internet potrebbe chiarire molti comportamenti apparentemente inspiegabili di alcuni operatori e professionisti (si veda ad esempio: http://youtu.be/MfM35K7pscg).

La mancata adesione sincera al principio di cui al punto due di cui sopra (diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia) è il primo indicatore di un possibile conflitto di interesse.

8. Altre indicazioni
  • Procurarsi un registratore per gli incontri con servizi e operatori, soprattutto quelli più importanti, per ricordarsi quello che è stato concordato a voce. Se pensate che registrare di nascosto sia illegale, leggete http://www.gildavenezia.it/normativa/schede/registrazione_riunioni_colloqui.htm
  • Soprattutto in caso di servizi, operatori o professionisti incompetenti, prevenuti o addirittura maldisposti, mettere qualsiasi richiesta o comunicazione per iscritto al fine di poter accertare la loro mala fede e ottenere la loro sostituzione e anche una sanzione adeguata per il loro comportamento
  • La stampa e la protesta pubblica dovrebbero essere l’ultima risorsa nel caso in cui nessuno ascolti. Se possibile farsi aiutare sempre da un’associazione perché una protesta fatta male o con argomenti o messaggi errati potrebbe essere controproducente
  • Denunciate formalmente le violazioni dei diritti umani, della legge e dei regolamenti e protocolli e gli eventuali conflitti di interesse. Le denunce andrebbero fatte anche e soprattutto dopo che le cose si sono risolte, al fine di correggere e sanzionare gli operatori che hanno sbagliato e impedire che questi drammi si ripetano. Spesso le famiglie vorrebbero solo godersi i figli in pace e dimenticare tutto, ma pensate al dolore che avete provato voi e pensate che la vostra denuncia potrebbe impedire che altre famiglie soffrano come voi. Se possibile farsi aiutare sempre da un’associazione o da un professionista onesto e senza conflitti di interesse perché una denuncia fatta male o con argomenti errati potrebbe essere controproducente
  • Partecipate alle manifestazioni di protesta su questi temi. Alcuni genitori ci hanno riferito di essere stati minacciati o di essersi trovati dei commenti nelle relazioni per la loro partecipazione a manifestazioni di protesta sul sistema dell’assistenza minorile. Non ci risulta che questo sia mai stato preso in considerazione dai giudici o che tali intimidazioni siano mai state attuate. Anzi in realtà, in base alla nostra esperienza, dopo una protesta pubblica, all’atto pratico i servizi e gli operatori si sono dimostrati più attenti e rigorosi e la situazione è migliorata. In ogni caso siamo ancora in uno stato democratico e i cittadini hanno ancora il diritto di manifestare. Abbiamo provveduto a denunciare e continueremo a denunciare questi abusi d’ufficio e tentativi di ingerenza antidemocratica nella vita delle famiglie.

Fonte: https://www.ccdu.org/minori/affido-bambini

«Censura» per un’assistente sociale sanzionata dall’ordine di Trento

«Censura» per un’assistente sociale sanzionata dall’ordine di Trento

Da: LaVoceDelTrentino.it
Pubblicato Martedì, 05 Agosto 2014 19:55

L’Ordine degli Assistenti Sociali di Trento ha comminato la sanzione della Censura all’assistente sociale che alcuni anni fa, in viva voce, davanti a due rappresentanti delle forze dell’ordine attoniti, aveva minacciato una bambina.

Purtroppo per lei queste minacce sono state registrate sull’ipod della bambina e in seguito trasmesse in una puntata di Mattino Cinque. Nel corso della trasmissione, la dott.ssa Franca Bonin, Vicepresidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali, aveva promesso che la vicenda avrebbe avuto un seguito. E così è stato.

La censura è la seconda sanzione in ordine di gravità che può essere amministrata a un’assistente sociale, ed è inflitta nei casi di abusi o mancanze, compiuti senza dolo, che siano lesivi del decoro e della dignità della professione. Finalmente un po’ di giustizia per queste bambine e questa famiglia in una vicenda che, aldilà del caso di specie, ha presentato e tuttora presenta svariate irregolarità.

L’avvocato della mamma, Francesco Miraglia, si è detto soddisfatto ma continuerà le azioni necessarie per assicurare alla famiglia un giusto e congruo risarcimento danni:

“Questa bambina e la sorella hanno dovuto soffrire per parecchi anni lontano dalla mamma. Possiamo affermare con ragionevole certezza che le cause delle sofferenze della famiglia siano state anche le azioni di questa operatrice.

Infatti, da quando la famiglia è stata affidata a un altro servizio sociale la situazione si è subito risolta: la mamma e il papà si sono riappacificati e hanno raggiunto un accordo. Ora le bambine, che nel giorno di Natale di due anni fa avevano scritto una commovente lettera al giudice chiedendo di stare metà tempo con il papà e metà con la mamma, potranno godere dell’affetto di entrambi i genitori.”

Continua l’avv. Francesco Miraglia “Certa è la soddisfazione per la presa di posizione dell’Ordine di Trento, ma altrettanto certa è l’amarezza di sapere che le sorti di alcune famiglie o bambini sono in mano a siffatti operatori, che per fortuna sono pochi, di fronte alla stragrande maggioranza di operatori che svolgono il proprio lavoro in modo diligente, attento e sensibile.

Mi auguro che questa vicenda serva anche ai magistrati, che troppo spesso considerano le relazioni degli operatori sociali come la verità assoluta, affinché prima di prendere qualsiasi provvedimento si assicurino di avere riscontri certi e incontrovertibili, soprattutto quando si parla di famiglie e dell’allontanamento di un bambino dai propri genitori".

Anche il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani che segue la vicenda da alcuni anni, è molto soddisfatto dell’esito dell’azione disciplinare. Secondo Silvio De Fanti, Vicepresidente del CCDU:

“I comportamenti lesivi nei confronti della famiglia e delle bambine nascevano da pregiudizi verso la madre che non avevano alcun fondamento oggettivo se non una perizia fatta alcuni anni fa, e segnata da forti sospetti di infondatezza a causa dei conflitti di interessi tra una psicologa incaricata dal tribunale e l’avvocatessa del padre.

Sono anche frutto della cultura coercitiva tipica della psichiatria istituzionale, che ad esempio, ammette la contenzione (legare i pazienti ai letti) o permette l’uso della forza per costringere le persone ad assumere psicofarmaci contro la loro volontà. Per la psichiatria o la psicologia istituzionali, l’allontanamento di un bambino dagli affetti famigliari, anche in assenza di reali abusi sessuali o maltrattamenti, è ammissibile.

Purtroppo queste perverse teorie hanno impregnato anche il campo dell’assistenza sociale e della giustizia minorile come nel recente caso del bambino di Trento sottratto agli affetti famigliari per ben quattro anni. Anche lì, infatti, alla base dei provvedimenti c’era una perizia che prevedeva l’uso della forza contro il bambino e il suo allontanamento coatto dalla famiglia. Questa cultura della sopraffazione deve cessare e questa sanzione è un primo segnale positivo, soprattutto se guardiamo a chi l’ha deliberata.”

E Gabriella Maffioletti, delegata nazionale di Adiantum, rincara la dose:

“Non mi riterrò soddisfatta finché questa assistente sociale e tutte le operatrici e professionisti che in questi anni hanno permesso il fenomeno degli «allontanamenti facili» non saranno riassegnati. Chiunque abbia commesso degli errori tanto gravi nei confronti dei minori non deve più lavorare con i bambini. Mi auguro anche che le istituzioni mettano in atto quella riforma che chiediamo da anni.”

Questo è un primo segnale positivo, in questi anni molti bambini allontanati superficialmente in base a valutazioni di natura psicologica e soggettiva sono tornati e stanno tornando a casa, ma molti altri sono ancora lontani dalle famiglie e c’è molta strada da fare.

Fonte: http://lavocedeltrentino.it/index.php/cronaca/oggi-in-primo-piano/15152-censura-per-un-assistente-sociale-sanzionata-dall-ordine-di-trento